Le linee di Nazca sono geoglifi, ovvero linee tracciate sul terreno, ubicate del deserto di Nazca, un altopiano arido che si estende per una ottantina di chilometri tra le città di Nazca e di Palpa, nel Perù meridionale. Esistono oltre 13.000 linee che fomano complessivamente più di 800 disegni che stilizzano generalmente i profili di animali o cose comuni nella zona, come l’albero, l’alligatore, la balena, il cane, il colibrì, le conchiglie, il condor, l’iguana, il lama, la lucertola, l’orca mitologica, il Pappagallo, il pellicano o alcatraz, il ragno, la scimmia, il serpente, la spirale, la stella, ma anche le ali, le mani e persino in controverso l’astronauta che ha scatenato da sempre la fantasia dei più arditi circa la sua finzione.
Dopo tanti studi, però, oggi possiamo escludere qualsiasi influenza extraterrestre, quantomeno non vi sono prove a favore di questa tesi. Le modalità di costruzione sono chiare, meno certo è il periodo di realizzazione, a causa delle caratteristiche del suolo che rendono impossibile applicare il sistema di datazione con il carbonio 14 e quindi per la loro datazione gli studiosi hanno confrontato le figure dei geoglifi e quelle trovate sul vasellame della civiltà Nazca, collocando presumibilmente gli artefatti durante la fioritura della Civiltà Nazca, tra il 300 a.C. ed il 500 d.C. da parte della popolazione che abitava la zona. Inoltre, studiando i motivi, essi potrebbero essere stati realizzati in due tappe successive, prima le figure e poi i disegni geometrici.
Le linee sono semplici e tracciate rimuovendo le scure pietre rossastre contenenti ossidi di ferro dalla superficie del deserto per non più di trenta centimetri di profondità, lasciando così un contrasto con il pietrisco giallo chiaro sottostante, il clima stabile e poco ventoso della pianura ha permesso, poi, di conservare intatti i disegni giganti per centinaia di anni. Ai margini dell’area dei disegni gli archeologi hanno scoperto la città cerimoniale dei Nazca, Cahuachi, da cui si ritiene oggi provenissero gli artefici delle linee. Sebbene le linee siano state avvistate con maggiore chiarezza e frequenza con l’avvento del voli aerei, esse sono visibili anche dalle colline circostanti, tanto che il primo riferimento alle figure si deve al conquistador e cronista spagnolo Pedro Cieza de León nel 1547 e nel 1927 il ricercatore Toribio Meija Xespe le studiò dall’alto di una collina, identificò come dei sentieri cerimoniali. Circostanza confermata nel 1939 Paul Kosok, un archeologo statunitense, che ipotizzò addirittura che l’intera piana fosse un centro di culto. Dopo queste prime teorie si svilupparono altre ipotesi, alcune molto semplici, come quella del 1947, quando Hans Horkheimer suppose che fossero una forma di culto degli antenati ed i tracciati utilizzati come sentieri dove camminare durante le cerimonie religiose. Altre, invece più complesse da giustificare, come quella di Maria Reiche, archeologa tedesca, che ipotizzò un calendario astronomico, teoria ancora oggi molto quotata per i riscontri oggettivi e la sua forte base sociologica. La scienziata scoprì anche alcuni geoglifi che non erano stati documentati in precedenza, ed identificò una corrispondenza astrale per ogni figura conosciuta, la Scimmia con l’Orsa Maggiore, il Delfino e il Ragno con la Costellazione di Orione, ecc., affermando che le figure erano state create da veri e propri tecnici e ingegneri dell’epoca. Dopo di lei Phyllis Pitluga, una ricercatrice dell’Alder Planetarium di Chicago, collegò il ragno gigante alla costellazione di Orione e tre linee rette che passano sopra al ragno dirette verso le tre stelle della sua cintura, se osservate da un certo punto della pampa. Una eventuale correlazione tra i disegni di Nazca e i movimenti dei corpi celesti, invece, non fu mai provata. La corrispondenza astrale fece supporre ragionevolmente al zoologo Tony Morrison e alla studiosa di storia peruviana Maria Rostworowski de Diez Canseco un legame con un possibile ritorno degli dei.
In particolare Morrison che studiò le linee con Gerald Hawkins, astronomo inglese noto per i suoi studi nel campo dell’archeoastronomia, citando un brano scritto dal magistrato spagnolo Luis de Monzon nel 1586, riguardo alle pietre e alle antiche strade vicino Nazca, riteneva di aver individuato la chiave per spiegare il mistero delle linee di Nazca nell’attesa del ritorno del leggendario eroe-maestro Viracocha, noto anche come Quetzalcoatl e Kontiki, il cui ritorno era ancora atteso al momento dello sbarco di Cortés. «I vecchi indiani dicono […] di possedere la conoscenza dei loro antenati e che, molto anticamente, cioè prima del regno degli Incas, giunse un altro popolo chiamato Viracocha; non erano numerosi, furono seguiti dagli indios che vennero su loro consiglio e adesso gli Indios dicono che essi dovevano essere dei santi. Essi costruirono per loro i sentieri che vediamo oggi». Questa la ragione per cui gli “antichi indios” avrebbero disegnato le figure, poiché Viracocha scendendo dal cielo potesse vederli ed essere da loro guidato. Maria Rostworowski confermò la teoria assegnando ad ad ogni figura corrisponderebbe un clan (ayllu) degli adoratori di Viracocha, in competizione tra loro per accogliere il dio.
Tutto questo è molto ragionevole ed anche suggestivo, va però tenuto conto di un altro serissimo studio che collegherebbe i segni al culto dell’acqua. Gli archeologi Markus Reindel (della “Commissione per le culture non-europee” dell’Istituto Archeologico Tedesco) e Johnny Isla (dell’Istituto Andino di Ricerche Archeologiche) scavarono e documentarono più di 650 giacimenti tracciando nel contempo la storia della cultura che tracciò i disegni, che, oltre a dargli un senso, fanno ritenere che le linee avrebbero molto più probabilmente a che vedere con rituali collegati all’acqua, piuttosto che con concetti astronomici, dato che l’approvvigionamento idrico, infatti, giocò un ruolo importante in tutta la regione. Gli scavi dei due hanno inoltre portato alla luce piccole cavità presso i geoglifi nelle quali furono trovate offerte religiose di prodotti agricoli e animali, soprattutto marini. I disegni formavano un paesaggio rituale il cui fine era quello di procurare l’acqua. Inoltre furono trovati paletti, corde e studi di figure. Di questi elementi tanto semplici si servirono gli antichi Nazca per tracciare i loro disegni.
Comunque siano andate le cose le linee di Nazca sono tecnicamente perfette e le rette chilometriche tracciate con piccolissimi angoli di deviazione, i disegni ben proporzionati, soprattutto se pensiamo alle loro dimensioni, rendendo queste linee una testimonianza di grande conoscenza della geometria da parte degli antichi abitanti di questa zona. Alla fine le spiegazioni migliori sono quasi sempre le più semplici ed il nostro modo ormai viziato di vedere le cose in chiave moderna fa distorcere la realtà, che qualunque sia resta pur sempre un mistero affascinante da conservare.