La guerra d’Algeria fu la prima lotta anticoloniale africana, per l’indipendenza dalla Francia. A metà degli anni ’50 del Novecento, con la sconfitta francese in Indocina, il Fronte per l’indipendenza dell’Algeria lanciò una campagna di azioni terroristiche contro i francesi d’Algeria, e l’esercito mise in atto una feroce repressione. Gli attentati del Fronte e la repressione dell’esercito culminarono nella Battaglia di Algeri del 1957, durata 9 mesi che mise a ferro e fuoco la città. Questa pagina di storia fu raccontata nel film La battaglia di Algeri, di Gillo Pontecorvo.
La battaglia di Algeri
La battaglia di Algeri iniziò quando tre donne piazzarono delle bombe in tre luoghi diversi della città frequentati dai coloni francesi, tra cui l’ufficio centrale dell’Air France. Nelle settimane che seguirono ci furono 800 fra attentati e attacchi diretti del Fronte contro le forze di sicurezza francesi. I francesi risposero con i paracadutisti della 10ª divisione e proclamarono la legge marziale, usando anche la tortura per ottenere informazioni e attuare azioni di controterrorismo. Contemporaneamente le truppe francesi agirono contro villaggi sospettati di offrire rifugio ai ribelli attaccandoli via terra e con bombardamenti aerei, utilizzando le tattiche apprese in Indocina. La notizia che per vincere la battaglia di Algeri l’esercito avesse operato con metodi brutali, tra cui il ricorso alla tortura, ebbe una vasta risonanza internazionale e pose in discussione la stessa presenza francese in Algeria: la repressione della popolazione algerina era diventata una anacronistica guerra coloniale. Ciò che ufficialmente era stata presentata all’opinione pubblica come un’operazione di pacificazione era degenerata in una inutile e costosissima guerra coloniale. In Algeria infatti furono inviati più di 400.000 soldati francesi, fra cui i corpi speciali dei paracadutisti e della Legione Straniera: più della metà di tutte le forze armate di Parigi.
Le forze armate francesi applicarono spietatamente il principio della responsabilità collettiva ai paesi sospettati di ospitare, rifornire o collaborare con la guerriglia in qualunque modo. I villaggi che non erano raggiungibili dalle unità mobili furono soggetti ad attacchi dal cielo. Furono creati campi di concentramento e oltre 2 milioni di algerini vennero sradicati dai loro paesi d’origine, principalmente nelle aree di montagna, e sistemati nelle aree pianeggianti, dove molti faticarono a ricostruire le proprie abitudini di vita economica e sociale. Le condizioni di vita nei campi erano dure. Le ricorrenti crisi di governo in Francia mostrarono l’instabilità della Quarta Repubblica francese e aumentarono l’apprensione delle forze armate e dei coloni francesi in Algeria: la sicurezza dei francesi in Nord Africa era minacciata dalla fragilità politica di Parigi. I comandanti militari ritenevano inadeguato e insufficiente il sostegno governativo di fronte agli sforzi militari per sedare la ribellione. Dopo l’Indocina (1954) si stava avvicinando quindi un’altra débacle per Parigi: il governo avrebbe ordinato un altro ritiro precipitoso, disonorando la Francia per convenienza politica. Così nel 1961 i vertici militari organizzarono un colpo di Stato in Algeria: una giunta armata prese il potere ad Algeri, e solo l’intervento del Presidente De Gaulle consentì di ristabilire il controllo ad Algeri.
Il ritorno di De Gaulle
Il ritorno al potere di De Gaulle fu la svolta necessaria per terminare le ostilità in Algeria, ma anche per chiudere la contrapposizione fra forze armate e classe politica a Parigi. De Gaulle ravvivò inizialmente le speranze dei coloni e dei militari ma l’escalation del conflitto, la crescente opposizione a Parigi alla guerra in Algeria, viste le ingenti perdite di soldati francesi, l’affermazione sul piano ideologico del diritto all’indipendenza (anche l’Onu si era schierata in questo senso) indussero De Gaulle a rivedere drasticamente la propria posizione e ad esprimere il concetto di “autodeterminazione“. Seguì quindi il processo di pace finalizzato all’autodeterminazione dell’Algeria. Parigi avviò negoziati con il governo provvisorio del Fronte, voltando le spalle ai coloni. Gli accordi di Évian portarono all’indipendenza. E i coloni francesi? O la valigia o la bara fu l’indicazione esplicita. Nel giro di un anno 1.400.000 francesi, ossia la stragrande maggioranza dei pieds-noirs, nonché l’intera comunità ebraica, si riversarono in Francia.
Il terrorismo negli anni 90: il GIA
Il processo di democratizzazione fu bruscamente interrotto dal colpo di stato militare del 1992 che portò una giunta militare al comando. La conseguenza fu la nascita di gruppi terroristici, fra cui il GIA Gruppo Islamico Armato, ovviamente di matrice fondamentalista, che compì numerosi attentati ad Algeri contro occidentali, giornalisti, funzionari di governo ecc. Il GIA avviò anche una campagna terroristica contro gli stessi algerini, soprattutto nelle campagne, sterminando interi villaggi, contro tutti coloro che manifestavano idee laiche e non aderivano al fondamentalismo islamico, una guerra civile per intimidire la popolazione e impedire ogni appoggio popolare a governi che non fossero fondamentalisti islamici e che terminò nel 1998. Il GIA fu distrutto militarmente nel 2002.