Durante la guerra civile siriana anno 2013 e le successive attività militari e terroristiche dell’Isis in Siria e Iraq, si è registrata la presenza di combattenti stranieri (foreign fighters) tra le file dei miliziani ribelli in Siria che si oppongono alle truppe governative siriane e fra quelle dell’Isis anche esse coinvolte nel conflitto. La Siria è diventata “la prima mèta e il più importante campo di battaglia per i combattenti jihadisti nonché il più importante punto di aggregazione e addestramento per i fondamentalisti islamici di altre nazioni”. La meta privilegiata dei volontari stranieri sono infatti le formazioni più estremistiche del jihādismo.
Si stima che le due formazioni jihadiste più importanti (il Fronte jihadista obbediente ad al-qaeda e lo Stato Islamico dell’Iraq e Levante – Isis di fede jihadista ma in forte contrapposizione con al-Qaeda), accolgano tra le loro file almeno 9 mila combattenti non siriani, ovvero circa il 20% del totale. Altre stime vedono la percentuale salire notevolmente tra i miliziani del Daesh (Isis), con il 40% di foreign fighters.
Anche in altri conflitti si è assistito all’afflusso di militanti jihadisti stranieri, come Afghanistan, Bosnia e Somalia e nella maggior parte dei casi la scelta di combattere deriva da un’iniziativa personale più che da un arruolamento da parte di un gruppo estremista. Il flusso di combattenti stranieri verso la Siria aumenta sensibilmente a partire dalla seconda metà del 2013 a causa dell’aggravarsi della frattura tra sciiti e sunniti. Generalmente il miliziano non siriano è di età compresa tra i 18 e i 30 anni, ben istruito (alcuni combattenti sospendono gli studi per combattere al fronte) e senza esperienza militare. L’accesso al territorio siriano avviene nella maggior parte dei casi attraverso il confine turco o iracheno a causa del controllo dei valichi di frontiera da parte dei ribelli.