L’Iran è l’antica Persia su cui governavano da generazione gli scià Pahlavi. E’ l’unico Paese a maggioranza sciita in tutto l’Islam.
L’islam – lo ricordiamo – viene fondato da Maometto. Alla sua morte le tribù si dividono su chi doveva essere il successore. L’80% del mondo islamico è sunnita, il 20% è sciita e l’Iran è l’unico Paese islamico a maggioranza sciita, in quanto gli sciiti sono minoritari in tutto il resto del mondo musulmano. Nell’Islam sciita l’ayatollah è la massima autorità religiosa e giuridica, l’unico che può interpretare il Corano. Durante la rivoluzione iraniana del 1979 gli ayatollah hanno assunto la guida politica del Paese, che veniva assoggettato alle leggi coraniche.
Il regime dello scià era corrotto e violento. Lo scià era il più fedele alleato degli Usa in Medio Oriente. Proteggeva gli interessi delle compagnie petrolifere americane e occidentali. L’opposizione al regime dello scià si polarizzò attorno alle scuole coraniche e alle moschee: chiedevano nel nome della rivoluzione islamica un rinnovamento. Gli ayatollah, guide spirituali delle comunità sciite, proclamavano un fondamentalismo e integralismo, un ritorno alle origini e ai valori dell’Islam. Leader carismatico era l’ayatollah Khomeini.
Verso la fine degli anni Settanta le rivolte e le manifestazioni contro lo scià aumentarono e si estesero a tutto l’Iran. Nel 1979 la rivoluzione degli ayatollah rovesciò lo scià Pahlavi che fuggì all’estero. In Iran fu proclamata la Repubblica Islamica, la repubblica degli ayatollah, con a capo Khomeini. La legge coincideva con l’applicazione letterale del Corano. Tutto quello che rappresentava l’Occidente (il modo di vestirsi, la privacy, i diritti individuali, i prodotti di consumo) fu considerato peccaminoso e venne proibito.
L’Iran attuò una politica anti-imperialista, anti-americana, anti-capitalista e anti-occidentale. Ma non si avvicinò al socialismo né all’Urss. La rivoluzione islamica, cioè il fondamentalismo e l’integralismo islamico si opponeva quindi sia al capitalismo occidentale che al socialismo dell’Urss, considerati entrambi secolarizzati, atei e dediti alla ricerca del benessere materiale. Un polo non allineato. E questa fu una delle novità principali della rivoluzione iraniana del 1979.
Nasce così con la rivoluzione iraniana, un nuovo tipo di rivoluzione: non più una rivoluzione popolare comunista, bensì una rivoluzione islamica, basata sul fondamentalismo. Una minaccia sia per l’Occidente che per l’Urss, ma anche per i Paesi non integralisti del Medio Oriente che temevano l’effetto domino della rivoluzione islamica.
Alla fine del 1979 ci fu la crisi degli ostaggi Usa: fu una crisi diplomatico-politica sorta quando furono presi in ostaggio 52 membri dell’ambasciata statunitense a Teheran, dopo che un gruppo di studenti aveva occupato l’ambasciata durante una fase della rivoluzione iraniana. Il presidente Usa Jimmy Carter autorizzò un intervento militare dei corpi speciali per la liberazione degli ostaggi, che si rivelò un fallimento in quanto ci fu un incidente fra un aereo e un elicottero americani che fece annullare l’operazione, in cui morirono anche dei soldati. Il gradimento di Jimmy Carter di fronte al popolo americano crollò, per non essere stato capace di gestire la crisi. Gli ostaggi furono poi liberati grazie alla mediazione dell’Algeria e allo sblocco di fondi Iraniani negli Usa.
Guerra contro l’Iraq
Sulla scia del pericolo che la rivoluzione iraniana potesse essere esportata e generare un effetto domino in Medio Oriente, l’Iraq di Saddam Hussein attaccò l’Iran nel 1980 per contenere la minaccia iraniana, e fu appoggiato sia da Usa che da Urss. La guerra Iran-Iraq durò 8 anni e l’Iraq impiegò le sue moderne tecnologie militari nonché armi chimiche (utilizzate anche contro i Curdi ad Halabja) fornite all’Iraq dall’Occidente, mentre l’Iran impiegò i suoi giovani guardiani della rivoluzione mandati all’assalto. La guerra, dopo 8 anni, stava però minacciando la navigabilità del Golfo Persico e i rifornimenti di petrolio, pertanto gli Usa tolsero il sostegno a Saddam che pose fine al conflitto. Con la morte di Khomeini la tensione fra i due Paesi cominciò ad allentarsi.
Gli ayatollah (guide spirituali) che si sono succeduti a Khomeini hanno attuato politiche estere più pragmatiche, stringendo buoni rapporti con tutte le repubbliche ex sovietiche e anche con alcuni Paesi dell’UE, e politiche interne finalizzate al rilancio dell’industria. Restano invece critici i rapporti con gli Stati Uniti.
Nel 2005 il processo di riforme e di aperture verso l’Occidente ha subito una battuta di arresto con l’elezione a Presidente della Repubblica Islamica di Ahmadinejad dell’ala più radicale del fondamentalismo islamico. Da questo periodo l’Iran si è dotato di centrali nucleari (tecnologia sovietica) per uso civile ma anche per l’arricchimento dell’uranio, processo essenziale per la costruzione di ordigni nucleari. A fronte del programma nucleare iraniano, ONU e occidente hanno applicato dure sanzioni contro l’Iran. Il presidente precedente Ahmadinejad ha inoltre più volte minacciato Israele.
Attuale presidente è Rouhani.