Guerra civile siriana

La guerra civile siriana ha avuto inizio nel 2011 in Siria con le prime proteste contro il governo centrale, durante la primavera araba. Di seguito la guerra civile esplose con violenza nel 2012; il conflitto (nel 2020) è tuttora in corso.

Le proteste iniziali avevano l’obiettivo di spingere alle dimissioni il presidente Assad (sciita) ed eliminare la struttura istituzionale monopartitica del Partito Bath (il partito annovera sia sunniti che sciiti). I ribelli hanno una forte componente estremista e di fondamentalismo islamico, sono sostenuti da nazioni sunnite del Golfo Persico e hanno come principale obiettivo l’instaurazione della sharia in Siria. A causa della posizione strategica della Siria, dei suoi legami internazionali e del perdurare della guerra civile, la crisi ha coinvolto i Paesi confinanti e gran parte della comunità internazionale.

I dirigenti del Partito Bath in Siria e lo stesso Assad sono sciiti (in altri Paesi il partito Bath annovera invece prevalentemente sunniti) componente che è tuttavia minoritaria in Siria (Paese a prevalenza sciita), e per questo motivo l’Iran sciita è intervenuto a protezione del governo siriano (l’Iran è l’unico paese del Medio Oriente a maggioranza sciita): combattenti iraniani sono presenti a fianco delle Forze armate siriane per mantenere al potere il governo alleato. Il fronte governativo è inoltre sostenuto da combattenti sciiti provenienti da altri Paesi, fra cui l’Iraq e l’Afghanistan. Il fronte dei ribelli è invece sostenuto dalla Turchia e soprattutto dai Paesi sunniti del Golfo, in particolare Arabia Saudita e Qatar, che mirano a contrastare la presenza sciita in Medio Oriente.

In ambito ONU, di fronte alla guerra civile siriana, si è verificata una profonda spaccatura tra Stati Uniti d’America, Francia e Regno Unito da una parte che hanno dato sostegno ai ribelli mentre invece Cina e Russia (dall’altra) che hanno sostenuto il governo siriano sia in ambito diplomatico sia in quello militare.

Le stragi perpetrate dalle componenti fondamentaliste dei ribelli nei confronti delle minoranze religiose in Siria che insieme agli sciiti sostengono Assad, hanno portato le Nazioni Unite a definire la guerra civile come un «conflitto di natura settaria». Le organizzazioni internazionali hanno al contempo accusato le forze governative e i miliziani Shabiha di usare i civili come scudi umani, di puntare intenzionalmente le armi su di loro, di adottare la tattica della terra bruciata e di eseguire omicidi di massa; i ribelli anti-governativi sono stati accusati di violazioni dei diritti umani tra cui torture, sequestri, detenzioni illecite ed esecuzioni di soldati e civili.

Precedenti

Il partito Bath, di ispirazione laica e inizialmente legato al socialismo arabo e al panarabismo, fin dalla sua fondazione negli anni 1940 evidenziò la sua caratteristica interconfessionale essendo i suoi tre ideatori un cristiano, uno sciita e un sunnita. Il Bath in Siria assunse un ruolo di primo piano nel 1961 dopo una serie di colpi di stato militari. A seguito dell’indebolimento del governo dopo la guerra dei sei giorni con Israele Assad senior (padre dell’attuale presidente Assad) conquistò la guida del partito e la presidenza della repubblica. La Siria visse un periodo di stabilità con un sistema di governo monopartitico e repressivo; Assad senior, in maniera simile agli altri leader arabi, sviluppò anche un forte culto della personalità. La stabilità della nazione, garantita anche dall’appoggio dell’Unione Sovietica, permise importanti riforme infrastrutturali, mentre la laicità garantita dal partito garantì una forte tutela alle numerose minoranze religiose presenti in Siria; la minoranza sciita di cui Assad faceva parte ricevette però i vantaggi maggiori, garantendosi i posti più importanti nell’amministrazione pubblica e nei gradi delle forze armate. Gli anni 1990 portarono ad un avvicinamento della Siria all’Occidente, a seguito del sostegno all’operazione Desert Storm contro l’Iraq di Saddam Hussein. Nel 1999, alla notizia da parte di Assad senior della designazione come successore alla presidenza del figlio Assad Jr scoppiarono delle violente proteste. Il nuovo presidente si trovò ad affrontare tra le prime questioni politiche quella dell’indipendentismo curdo: nel 2004 scoppiarono una serie di rivolte nel nord della Siria, in territorio curdo, soffocate nel sangue. Assad non modificò la rigida struttura di controllo della popolazione, la censura della stampa e continuò a non permettere la formazione di partiti politici di opposizione. Inoltre si incrinarono i rapporti con l’Occidente a seguito dell’appoggio a Saddam Hussein durante la guerra d’Iraq del 2003, dell’appoggio a movimenti considerati organizzazioni terroristiche Hezbollah e Hamas.

Impiego delle armi chimiche

La Siria fin dagli anni settanta aveva sviluppato segretamente un programma di armamento chimico principalmente come strumento di deterrenza nei confronti dell’armamento nucleare israeliano. Sebbene la detenzione di tale armamento sia stata sempre negata dai governi siriani, alcune analisi condotte da servizi segreti occidentali valutavano l’arsenale chimico siriano come “il più grande del mondo” distribuito in una serie di magazzini contenenti circa 1.000 tonnellate di materiale tra cui iprite, gas VX e sarin, questi ultimi 2 gas nervini. Le armi chimiche sono state utilizzate 16 volte durante la guerra civile siriana: di questi episodi solo sette sono stati effettivamente sottoposti a indagine e in quattro casi è stata accertata la presenza di gas sarin. Essendo i magazzini di stoccaggio posizionati in aree sia sotto controllo governativo che ribelle, non è stato possibile accertare chi abbia fatto uso degli agenti chimici. Una relazione dei servizi segreti americani riporta come “certa” l’entrata in possesso da parte dei ribelli di armi chimiche. Molte analisi convengono sul fatto che entrambe le parti abbiano a più riprese utilizzato armi chimiche nel corso della guerra.

  • Il primo attacco documentato è condotto nel 2013 ad Aleppo: a seguito del lancio di un razzo, sono morte 26 persone tra cui 16 soldati governativi; i morti e i feriti presentano segni d’intossicazione da gas sarin. Governo e ribelli si accusano a vicenda dell’attacco. Sempre nel 2013 avviene il più grave attacco chimico verificatosi durante la guerra. Vengono colpiti con gas sarin i sobborghi di Damasco provocando almeno 635 morti, principalmente civili. Il gas sarin è diffuso attraverso missili superficie-superficie, tuttavia non è chiaro chi abbia perpetrato l’attacco che scatena una forte reazione internazionale in cui gli Stati Uniti accusano il governo siriano, mentre la Russia accusa i ribelli. L’intervento internazionale nella guerra civile siriana viene evitato grazie ad un accordo tra Stati Uniti, Russia e Siria per l’eliminazione delle armi chimiche siriane attraverso l’intermediazione dell’ONU.
  • Altri attacchi con armi chimiche si registrano negli anni successivi, prevalentemente con sarin.
  • Nel 2018 l’aviazione Usa e GB effettua bombardamenti sul suolo siriano contro depositi, centri di ricerca e fabbriche di armi chimiche del governo siriano.

Il governo siriano è accusato inoltre di aver utilizzato bombe a grappolo e bombe termobariche contro le aree residenziali occupate dai combattenti ribelli, come durante la battaglia di Aleppo e anche a Kafr Batna: le termobariche sono bombe incendiarie simili al napalm.

La guerra civile siriana è una delle guerre più documentate nella storia, nonostante gli estremi pericoli che i giornalisti affrontano mentre si trovano in Siria.

Esecuzioni Isis e al-Qaida

Dal 2013 al 2017 giornalisti e altri ostaggi vengono giustiziati dall’Isis, presente in Siria contro le forze gorvernative allo scopo di creare il Califfato, in rappresaglia per le operazioni degli Stati Uniti e dell’Occidente in Iraq.

Ondata di criminalità

Mentre il conflitto si estende in tutta la Siria, molte città sono travolte da un’ondata di criminalità poiché molte stazioni di polizia hanno smesso di funzionare e i combattimenti hanno causato un caos generale. Saccheggi sistematici di case e negozi. Anche il tasso di rapimenti aumenta notevolmente. I comandanti delle forze armate governative traggono profitto dalla guerra attraverso racket di protezione, saccheggi e criminalità organizzata. Sono anche coinvolti in ondate di omicidi, rapine, furti, rapimenti ed estorsioni in tutte le parti della Siria. Le reti criminali sono utilizzate sia dal governo che dall’opposizione: il governo siriano fa affidamento su organizzazioni criminali per contrabbandare beni o denaro all’interno del Paese o all’estero. La recessione economica causata dal conflitto e dalle sanzioni porta inoltre a una riduzione dei salari facendo crescere la criminalità. Il traffico di armi provenienti dal mercato nero dei Paesi confinanti con la Siria aumenta in modo significativo. Per generare fondi per l’acquisto di armi, alcuni gruppi ribelli si dedicano ad estorsioni, furti e rapimenti.

Danni al patrimonio culturale

La Città Vecchia di Aleppo è stata gravemente danneggiata. Molti reperti, tra cui alcuni provenienti dal sito di Palmira, sarebbero stati trafugati. Tre musei archeologici nazionali saccheggiati.

Nel 2014 e 2015, in seguito all’ascesa dell’Isis, diversi siti in Siria vengono distrutti dall’Isis. A Palmira Isis ha distrutto molte statue antiche, il tempio di Baalshamin, il tempio di Bel, molte tombe tra cui la Torre di Elahbel e parte dell’arco monumentale. Il castello di Palmira del XIII secolo è stato ampiamente distrutto durante la ritirata dell’Isis a seguito dell’offensiva governativa su Palmira del marzo 2016.

Rifugiati e sfollati interni. E vittime

La guerra civile siriana, anche a causa della sua lunga durata ha causato un elevatissimo numero di profughi. I rifugiati siriani nel marzo 2015 erano circa 4 milioni fra Libano, Turchia, Iraq. Al-Jazeera stimava inoltre che 11 milioni di siriani, più della metà della popolazione, avessero dovuto abbandonare la propria abitazione a causa del conflitto.

Vittime: fino a marzo 2020 si stimano 430.000 morti.

Aiuti umanitari

Il conflitto detiene il record della più grande somma mai richiesta dalle agenzie delle Nazioni Unite per una singola emergenza umanitaria, di un valore di 6 miliardi di euro.

Violazioni dei diritti umani

Le forze dell’ISIS sono state accusate dall’ONU di aver commesso esecuzioni pubbliche, amputazioni e abusi allo scopo di instillare paura tra i civili. “Le forze dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante hanno torturato, ucciso, fatto scomparire i civili ad Aleppo e Raqqa, commettendo crimini contro l’umanità”, afferma il rapporto ONU del 27 agosto 2014.

Accuse contro il governo siriano

Secondo varie organizzazioni per i diritti umani e le Nazioni Unite, le violazioni dei diritti umani sono state commesse sia dal governo che dai ribelli. Documenti in gran parte costituiti da immagini mostrano “l’uccisione sistematica” di circa 11.000 prigionieri nelle carceri governative. La maggior parte delle vittime erano giovani e molti cadaveri sono mostrati con evidenti segni di tortura. Alcuni non avevano occhi; altri hanno mostrato segni di strangolamento o elettrocuzione. In totale le vittime torturate e uccise nelle carceri governative ammontano a 60mila.

Nel 2014 i miliziani dell’Isis, dopo aver preso il controllo di numerose aree a prevalenza curda lungo il confine con l’Iraq ed aver sterminato gran parte dei maschi adulti, praticarono stupri di guerra sistematici ai danni delle donne appartenenti alla minoranza etnica riducendo migliaia di esse alla schiavitù sessuale.